Come la serie Ryū ga Gotoku mi appassioni tanto per dei buoni motivi...

 

YAKUZA: LIKE A DRAGON

(Guarda papà sono un drago!! P.s.: non è la traduzione...)

Ovvero: come la serie Ryū ga Gotoku mi appassioni tanto per dei buoni motivi...

 

Ricordo ancora, era l'autunno del 2008, un periodo della vita travagliato, fatto di molte esperienze e anche di cambiamenti che avrebbero segnato il resto della mia esistenza. 

Non avevo ancora rivisto la mia futura moglie e frequentavo una donna separata molto più matura e grande di me, era quasi una fidanzata-chioccia e sebbene l'amassi tanto, capivo che con lei non avrei avuto un futuro, almeno non quello che prevede di costruire una famiglia insieme, dal momento che lei aveva già due figli grandi. C'erano diversi segnali che mi facevano vacillare, ma ancora non avevo realizzato che si rendeva necessario dare una svolta definitiva alla mia vita. 

Proprio il secondo capitolo di questa serie di giochi mi ha dato la forza per cominciare una nuova esistenza e lasciarmi tutto alle spalle, un pò come il suo protagonista principale, Kazuma Kiryu, che (senza fare spoiler per chi non conoscesse le vicende dei videogiochi) ha scelto la via più lunga e difficile per liberarsi del giogo imposto dalla sua appartenenza a una famiglia della yakuza, riuscendo però ad avere alla fine quella libertà che le dinamiche famigliari, intese come famiglia mafiosa, non gli avrebbero permesso...

Ecco, se c'è una cosa che un videogioco può fare, se preso come "esperienza di vita" che va oltre il semplice passatempo, si può vedere come qualcosa che aiuta a riflettere e a volte, come nel mio caso, fa maturare delle decisioni che non si aveva il coraggio di prendere ma che con il senno di poi sono da considerare come quelle inevitabili, se non anche corrette, almeno nell'ottica di un'esistenza che possiamo considerare ordinaria...

 

Un videogioco può aiutare una certa introspezione, non fine a sé stessa, ma inserita nel contesto sociale in cui si vive quotidianamente, sebbene le dinamiche del gioco si svolgano in realtà molto distanti dalle nostre. Ma proprio il linguaggio universale che è alla base delle produzioni videoludiche, se si ha la voglia e la costanza di provare a coglierlo, andando al di là degli stereotipi e dei pregiudizi che spesso vengono associati al medium, tale linguaggio, dicevo, è in grado di fornire delle risposte che magari non si cercavano ma che in realtà erano alla base dei dubbi esistenziali che fanno parte delle nostre esistenze.

Nel mio caso, Yakuza 2, il secondo capitolo che vede protagonista il nostro ex-yakuza tuttofare, mi ha concesso quel coraggio che non riuscivo a trovare per chiudere un capitolo della vita che allora mi rendeva felice ma che sapevo dentro di me che non sarebbe destinato a durare. 

Il mio problema principale è che non mi manca il coraggio, però tendo a "fossilizzarmi" quando mi trovo in determinate situazioni, un pò per una sorta di pigrizia mentale, un pò perché a volte risulta anche piacevole crogiolarsi nel proprio status quo, senza per forza dover pensare agli sviluppi futuri o alle implicazioni di determinate scelte (o "non scelte" come stava avvenendo nel mio caso)...

Però, a volte, la vita ci pone di fronte a dei bivi e spetta a noi capire quando ci sono questi momenti topici, perché poi si corre il rischio di perdere il treno giusto e di passare un'esistenza triste, fatta di rimpianti... Kazuma Kiryu, nel suo rapportarsi con la figlia acquisita Haruka Sawamura, mi ha fatto capire quanto sarebbe stato bello essere padre a mia volta e poter trasmettere qualcosa, anche se si trattava di poca cosa, delle mie qualità ed esperienze a un piccolo Brovidino...

Qualcuno potrebbe sollevare il dubbio dei motivi per cui ho trovato conforto in un videogioco piuttosto che in persone reali. Purtroppo non ho la risposta giusta a questo quesito: probabilmente allora frequentavo persone che non avevano la giusta "empatia" per comprendere il mio stato di crisi e di incertezza. Probabilmente la colpa è anche mia per la mia atavica incapacità ad esprimere i  sentimenti e le emozioni con le persone più vicine, preferendo, piuttosto, tenere tutto dentro... 

Nonostante queste considerazioni, devo però ammettere che se non avessi provato questo capitolo, forse non avrei vissuto le stesse emozioni e non sarei arrivato alle stesse conclusioni... Quindi dentro di me sento di dover molto a chi ha realizzato il personaggio e il gioco, dando a entrambi qualcosa di più di una semplice trasposizione di dinamiche esplorative e di combattimento, ma permeando il tutto di una personalità e profondità tali che non si poteva rimanere indifferenti, come è capitato a me. 

Giocando poi le trasposizioni successive mi sono accorto che io e Kazuma abbiamo molto in comune, ma questa è un'altra storia che merita successivi approfondimenti...

Commenti

Post popolari in questo blog

Amico è (Inno dell'amicizia)

Una storia di... Raoul

YAKUZA LIKE A DRAGON