Diventare vecchi

Qualcuno di voi si ricorda di quei film con Tom Berenger, Major League e con Tom Selleck, Mr. Baseball, dove si parlava di giocatori professionisti con un pò di acciacchi e ormai sul viale del tramonto?
E' un pò di tempo, complice l'età, che mi capita di pensare a questi personaggi.
Quando ho visto questi film ormai più di un quarto di secolo fa, i due soggetti in questione mi facevano tanta tenerezza e li trovavo anche un filino patetici nella loro ostinazione a continuare a giocare nonostante i fisici logori e provati da tanti infortuni e sollecitazioni.
Eppure, nel profondo, li ho sempre ammirati per la loro stoicità molto giapponese (non per niente il film con Tom Selleck è ambientato in Giappone) di andare contro le convenzioni sociali relative all'età anagrafica per uno sportivo e di perseguire il loro obiettivo di contribuire comunque con una prestazione dignitosa al buon esito della gara, mettendosi al servizio della squadra.
Un pò mi sento anche io come loro, nel senso che, raggiunti i quarantanni e avendo giocato a pallavolo per almeno venti e rotti anni, il mio stanco fisico sta progressivamente cadendo a pezzi. Dalla spalla destra che comincia a fare rumori strani e fa un male cane il giorno dopo la prestazione sportiva (tanto che mi risulta difficile giocare due giorni di seguito, anche se faccio alcune eccezioni quando sono al mare d'estate) al ginocchio sinistro, il cui legamento pulsa non appena mi raffreddo, alla schiena che "tira" per giorni, sono sempre più convinto di essere alla fine dei miei giorni pallavolistici.
Certo, non sono uno sportivo professionista e la mia carriera è stata per lo più amatoriale (anche se ho giocato un paio di stagioni in serie D, soprattutto come riserva dell'opposto ma almeno una quindicina di partite le ho fatte) però comincio a percepire come si sente uno sportivo che è sul viale del tramonto.
E qui scatta l'annosa questione: meglio lasciare quando si è ancora competitivi, mantenendo un bel ricordo delle proprie gesta negli altri e anche per noi stessi, oppure si deve continuare fino a quando un cedimento "interno" non ci preclude la possibilità di proseguire? 
Ci sono dei fenomeni come un mio compagno di squadra che a 52 anni e rotti è ancora in forma e gioca senza problemi, però è una persona con un fisico eccezionale, che non ha famiglia e quindi ha il tempo per mantenersi tonico e scattante. Non che avere una famiglia sia un alibi per non mantenersi in forma, ci sono molte persone che riescono benissimo a conciliare le due cose. Ma se avete letto un paio di post prima sapete che sono diventato papà da poco e i primi mesi sono quelli più duri e che rimettono in discussione tutti gli assetti familiari e quindi diciamo che non ho potuto (ma forse dovrei dire "voluto") fare molto in termini sportivi.
In ogni caso, complici gli acciacchi di cui sopra, sento che se va bene potrò ancora giocare cinque, massimo sei anni al mio sport preferito. Quindi la questione se lasciare adesso che ancora me la gioco con gente di venticinque / trenta anni oppure proseguire e patire un inesorabile declino è quantomai attuale.
Uno potrebbe anche dire chissenefrega, continua a giocare, fino a quando ti diverti va bene così, non ti fare troppi problemi. E questo è lo spirito che cerco di avere in tutte le partite ma a volte, soprattutto al quinto set di una partita tirata, mi capita di pensare a quei due "vecchi" giocatori di baseball che si trascinano stanchi sul diamante in cerca di un pò di quella gloria che li fa sentire ancora giovani e vigorosi.
 
Aggiornamento (17/08/2023).
 
Sono ancora qui, che cerco di giocare al massimo delle possibilità, spesso arrivando con affanno alla fine di una partita particolarmente tirata. La Pandemia che abbiamo vissuto ha in parte aiutato a preservare le articolazioni e la schiena per qualche mese: la forzata immobilità a cui siamo stati costretti ha avuto nel mio caso dei risvolti positivi, almeno dal punto di vista fisico, anche se poi, causa "vecchietudine" ho impiegato molti mesi a togliermi gli accumuli di pinguedine che avevano cominciato a manifestarsi e solo nell'ultimo periodo sono tornato in una forma accettabile...
 
Cosa aggiungere: la prossima stagione pallavolistica parte con delle buone premesse. I compagni di squadra di una volta sono tornati (grazie al mio strenuo lavoro di convincimento, una delle poche cose che mi riesce bene), abbiamo, finalmente, una società solida alle spalle che ci fornisce anche dell'attrezzatura, nonché dei completi di gara e di allenamento... Il gruppo è coeso e unito, manca ancora qualcuno per avere i numeri sufficienti ad affrontare un campionato, però il grosso è fatto!
 
Vorrei fare solo un'ultima riflessione a margine. Qualche settimana fa abbiamo fatto un triangolare con delle squadre formate da giovani. Non sono una persona che prova invidia ma vedere l'elasticità e la potenza di queste nuove generazioni mi ha fatto venire un pò di malinconia... Per dei tempi in cui anche io riuscivo (ogni tanto) a piazzare dei buoni colpi, mentre adesso sono sempre in ritardo e mi trascino stancamente sul campo.
Quello che ho notato, però, a malincuore è che si va progressivamente verso il superamento di una sorta di educazione sportiva. Ovviamente è frutto di una società edonistica e narcisistica oltre limiti ragionevoli, ma se anche in uno sport di squadra le persone vogliono emergere per le loro individualità si è, a mio avviso sbagliato sport, oppure la società sta andando verso una deriva preoccupante, proprio a partire da chi dovrebbe insegnare il rispetto e l'educazione a chi si approccia a un'attività fisica...
Nel senso che, faccio un esempio, per chiarire meglio, quando devi schiacciare nel campo avversario e per i motivi più svariati non c'è un muro adeguato (oppure non c'è proprio un muro) e dall'altra parte hai delle persone attempate e magari anche un pò "rotte", che senso ha tirare a tutto braccio e fare un buco per terra, rischiando anche l'incolumità degli avversari?
Come ho scritto, anche quando ero più performante, avevo da ragazzo il buon senso di adeguare la giocata all'avversario, alla tipologia di partita che si stava svolgendo e anche ad altre variabili che possono riguardare una prestazione sportiva. Non era perché fossi particolarmente sensibile, ma era semplicemente una sorta di rispetto per gli altri, ci si divertiva e nessuno si faceva male o aveva da recriminare... 
Oggi, purtroppo, vedo che tali accortezze non esistono più, a qualsiasi livello. 
E' un discorso da "boomer" (anche se sono della generazione X, ma non cambia molto)?
Può darsi, ma spero che leggendo queste mie riflessioni qualcuno possa identificarsi e ritrovare magari anche un richiamo a dei valori che ormai sono, a mio avviso, custoditi da pochi...  

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